Il Santuario della Madonna del Monte è ubicato in località Crocetta nel Comune di Mulazzo, è situato a circa 890 mt. sul livello del mare ed è uno tra i più antichi santuari della Diocesi di Massa Carrara – Pontremoli. La data più antica che si ha del Santuario è quella del 1302 scritta nel retro dell’altare, data che forse segna non l’anno di costruzione della primitiva cappella, ma quello in cui essa venne pubblicamente adibita al culto divino.
Possiamo quindi farla risalire oltre il 1302 anche se proprio non vogliamo riportarla al 1200 come un esimio cultore di storia locale ha creduto bene di fare, attribuendo l’effige della Vergine alla mano dello stesso S. Luca.
Il primo documento che si conosca circa la Chiesa di S. Maria è del 22 novembre 1287: un atto con il quale l’Abate Rambaldo di Borzone costituisce un suo procuratore per la difesa di detta Chiesa. Nella “Collecta pro subsidio Regni Ciciliae” del 1297, conservata nell’Archivio Vaticano, la Chiesa è citata come “Monastero de Sce. Mariae de Mulaça” e, nella Collecta del 1299, sempre dell’Archivio Vaticano, è citata come “Monasterium de Monte de Sce Mariae de Mulatio”. Il titolo di Priorato, dipendente dall’Abbazia di Borzone, compare per la prima volta in un documento del 26 aprile 1371.
Altre due date, una del 1502 incisa ai piedi di un grazioso bassorilievo marmoreo, raffigurante la Madonna col Bambino, e un’altra del 1505 scolpita sull’architrave della porta, potrebbero riferirsi ad altri ampliamenti o restauri. Del resto l’esame stesso dei muri perimetrali denuncia varie manipolazioni, e si passa dai resti di una costruzione a sassi squadrati e murati senza calce (la parte più antica), a muri di breccia di arenaria con malta abbondante, da pezzi di architrave in arenaria, antichissimi, come quello dello stipite sinistro del portale di ingresso che reca un’iscrizione romana “S.P.Q.R.” (un resto dell’antica Statio romana della vicina Montereggio?) a stipiti di porte e finestre di epoca molto più recente.
Coll’andar del tempo, per facilitare l’affluenza dei numerosi pellegrini, sorse accanto alla Chiesa anche un eremitaggio che, a torto, qualcuno ha voluto mettere in relazione col convento agostiniano di Pozzo. Infatti attorno al 1350 circa si era iniziata la costruzione del fabbricato che doveva ospitare i pellegrini che provenivano da paesi lontani e che camminavano alcuni giorni per arrivare al Santuario. Tale immobile nel corso dei secoli ha subito sicuramente alcuni ampliamenti e sopraelevazioni, come si può vedere anche al piano primo dal diverso spessore dei muri.
Già fin dal 1430 il Santuario, annoverato fra le sedi abbaziali, era officiato dai monaci benedettini del monastero genovese di Borzonasca e ne era titolare, investito dai Marchesi Malaspina di Mulazzo, mons. Stefano Giustiniani vescovo di Alberga, come notava nel suo opuscoletto Pasquale Pasquali nel 1906. Tracce di questi religiosi si riscontrano in un’insegna abbaziale scolpita nell’architrave della casa vicina che forse costituiva la residenza stessa dell’abate quanto abitava sul posto.
Nel 1450 papa Niccolo V da Sarzana secolarizzò il Santuario avocando alla Santa Sede il diritto di conferire il titolo col relativo beneficio. Numerosi furono i vescovi, di cui alcuni anche cardinali, che ne furono investiti. Nel 1603 con bolla di papa Clemente VIII ne era titolare il cardinale Paolo Emilio Zacchia di Vezzano.
Nel 1779, morto mons. Saverio Giustiniani, veniva designato a succedergli mons. Agostino Rivarolo, che non poté essere nominato perché il marchese Giacinto Malaspina non concesse il suo <placet>.
Qui sorge logica una domanda: avevano i Malaspina un diritto di patronato sul Santuario? Anticamente forse si, come lo proverebbe l’investitura fatta dal feudatario di Mulazzo a mons. Stefano Giustiniani, ma lo perdettero con la secolarizzazione avvenuta per opera di papa Niccolo V nel 1450.
Ciò è provato da tre fatti.
1) Nel 1748 in una controversia fra Castagnetoli, Busatica e Pozzo, dinanzi al Notaio Imperiale, il Marchese Fabio Malasopina, figura come rappresentante e procuratore di mons. Giustiniani, abate di s. Maria del Monte.
2) Da un memoriale del defunto dott. Beniamino Zini risulta che il Rivarolo nel 1779 accusò, presso la Corte Imperiale di Vienna, il Marchese Giacinto Malaspina, come indebito sfruttatore dei beni di S. Maria del Monte, ottenendone nel 1796 un decreto in suo favore, decreto che fu vano in seguito al cambiamento di governo avvenuto in quell’anno.
3) Nel 1804 il Marchese Alessandro Malaspina comperò il beneficio per lire 14.000.
Si chiederà: come poteva dunque il Marchese Giacinto vantare diritto di patronato? Abbiamo già risposto dimostrando, col responso di Vienna, che esso era un abuso. Ed ecco come forse si era originato. Nel 1603, il card. Zacchia, avuto il beneficio del Santuario, lo aveva concesso in affitto per 29 anni ai Marchesi di Montereggio, affitto che questi ed i loro successori di Mulazzo tennero fino alla calata dei francesi che nel 1796 indemaniarono il beneficio.
Così, col passar degli anni, l’uso si mutò in diritto, le clausole di una convenzione presero aspetto di un vero e proprio patronato; e ciò si protrasse fino a quando il marchese Alessandro, rivendicò il presunto diritto comperando a moneta sonante il beneficio stesso.
Da quel tempo i Malaspina e quindi i Zini che loro succedettero, ne furono i legittimi possessori. La speranza era quella che gli eredi del defunto dott. Beniamino Zini, accogliendo un desiderio unanimamente espresso, rifacessero dono al Santuario di quella casa e di quel terreno per cui esso aveva avuto per secoli titolo di abbazia e investitura di vescovi e cardinali, e che poi l’astuzia ed il denaro dei Malaspina gli avevano tolto.
Così il Santuario potrà ancora tornare in grande splendore, e la Vergine Miracolosa, dall’alto del suo monte continuerà nei secoli a benedire e proteggere non solo il Comune di Mulazzo che nel 1940 la proclamò sua Celeste Patrona, ma l’intera vallata che le Apuane cingono in alto e la Magra riga, scorrendo, nel piano.
E così è stato: infatti in data 21-05-1949 la sig.ra Zini Adelina donava a S.E. Mons. Giovanni Sismondo in qualità di vescovo pro-tempore della Diocesi di Pontremoli, lo stabile adibito a Chiesa Santuario della Madonna del Monte con tutti gli arredi sacri e non sacri e diritti inerenti a detta Chiesa e inoltre tutte le terre di varia natura appartenenti al podere “Della Madonna del Monte”.
Leggende
Oltre a la descrizione storica esistono anche due leggende sulla storia del Santuario della Madonna del Monte.
- La prima narra che circa settecento anni fa un uomo con la sua famiglia, moglie e tre figli viveva in una casetta in un paesino del monte Cornoviglio; lui lavorava i campi, la moglie domestica e i tre figli giocavano allegri. In quel paesino tutti gli abitanti erano invidiosi di loro in quanto erano una bella famiglia allegra. Ma anche nelle migliore famiglie a volte la felicità è caduca; infatti nelle vicinanze della loro abitazione era stato rinvenuto un uomo ucciso a margine della strada. Considerato che era vicino alla casa della bella famiglia e che l’uomo aveva avuto a che fare con il marito da giovane per questioni d’amore, tutti pensavano che fosse stato lui ad ucciderlo. Allora incominciò a scappare nelle valli vicine fino ad arrivare nei luoghi del monte sopra Mulazzo, appunto alla Madonna del Monte. Restando nascosto per vari giorni, iniziò ad aver fame e cercando nelle tasche dei vestiti trovò un pezzo di pane, ma assieme c’era anche un’immagine della Vergine Maria che le aveva dato la moglie. Iniziò subito a pregare la Madonna perché trovassero il vero assassino e così poter tornare a casa; nella notte sognò la Vergine Maria che lo rassicurava che tutto sarebbe andato bene e appena si svegliò vide l’immagine della Madonna nel tronco di una pianta nella piana del monte. Così è stato infatti un uomo arrivò fino al suo nascondiglio e gli raccontò che avevano trovato l’assassino e quindi poteva tornare a casa sua.
- La seconda leggenda invece narra che a seguito della grande devozione alla Vergine del Monte, i numerosi fedeli vollero edificare una più degna dimora alla Madre Celeste. A seguito del parere favorevole del Marchese Malaspina di Mulazzo iniziarono i lavori di costruzione nella parte bassa del monte e arrivarono tante persone dai paesi vicini. Al termine della prima giornata al calar del sole, tornarono tutti a casa e si diedero appuntamento per il giorno dopo. Alla mattina seguente arrivati sul posto non trovarono più gli attrezzi e pensando ad un furto; tornarono a riprenderne degli altri a casa e così la cosa si ripeté per due o tre giorni. Una sera invece alcune persone anziché tornare a casa si nascosero dietro ad un cespuglio e calata la notte videro che una colomba prendeva gli attrezzi e li portava sulla cima del monte dove ora sorge il Santuario. Stupiti dell’accaduto alcuni di loro pensarono che fosse proprio la Madonna a voler la costruzione sulla vetta per proteggere meglio i suoi figli, e così fecero.
E’ chiaro che queste leggende sono fiorite successivamente, innestate su una devozione alla Madonna, che si andava sviluppando dopo che i monaci benedettini avevano costruito sul monte la loro Cella monastica, con annessa la Cappella dedicata alla madre di Dio. Non dimentichiamo che una strada, una delle tante dette “del sale”, perché vi si esercitava il contrabbando di questo alimento, passava proprio sul crinale di questi monti e sfiorava le pertinenze del monastero, che, secondo la tradizione benedettina, funzionava anche da ospizio e da rifugio per i viandanti. Potrebbe essere questo servizio di carità, oltre a quello di ritiro per il monaco, la ragione da sorgere del monastero, in vertice montis. Quanto alla contrastata scelta del luogo, adombrata dalla leggenda, potrebbe essere che il Marchese di Mulazzo volesse la Chiesa, nelle sue pertinenze e che, solo dopo varie resistente, ci si sia accordati per la sommità dove sorge, oggi, in quanto, come osserva il Formentini, quel crinale divideva quattro antichissimi “popoli” rappresentati poi dalle Pievi di Surianum (Filattiera), Urceola (Saliceto), Cornia (Zignago), Vicus (Castevoli).
In proposito lo stesso Formentini porrebbe l’origine della Chiesa su un più antico “Oraculum” dedicato a S. Michele Arcangelo, sorto del VII o nell’VIII secolo; epoca in cui il culto di S. Michele “inter nubes”, per opera dei Longobardi, si sparse un po' dappertutto in Italia. Va detto che il Formentini sostiene che il monte di cui parliamo sia da annoverarsi, insieme con la sua Chiesa matrice, quella di Borzone, fra i possessi donati da re Liutprando all’Abbazia di S. Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, in un periodo in cui la devozione per S. Michele era devozione nazionale per i re Longobardi. Ne sarebbe indirettamente conferma l’antichissima festa di S. Michele che, fino a tempo addietro, si celebrava al Santuario con notevole concorso di popolo.
Sempre in ordine all’antichità del luogo, lo stesso Simulacro della Madonna tradisce un’epoca abbastanza lontana. Si tratta di un manufatto di legno di fattura artigianale, molto arcaico, rappresentante la Vergine assisa in trono: le movenze dell’immagine e il tipo di trono si rifanno allo stile bizantino. L’immagine è mancante della parte inferiore forse corrosa dal tarlo, come di buona parte del fianco destro, a cui, successivamente, è stato applicato un arto snodato, in legno, così da consentire l’aggiunta del Bambino, che è in ceramica smaltata, di scuola napoletana. Il tutto è stato rivestito attorno al ‘700 da una veste di broccato.
Detto Simulacro è stato oggetto di un furto sacrilego il 23 luglio 1979; il grave fatto avvenne mentre si svolgeva, dal 17 al 23 luglio, la “Peregrinatio Mariae” nella parrocchia di Filattiera.
Resta da dire qualcosa sulla devozione e sullo stato attuale del Santuario
Il Santuario è stato recentemente restaurato ed attorno ad esso sono stati ricavati piazzali abbastanza vasti, con percorsi pedonali che dal parcheggio salgono fino al Santuario ed all’ex Monastero Benedettino e che girano tutt’attorno al complesso immobiliare: ora tale complesso, viene usato come rifugio per pellegrini che vogliono restare qualche giorno in ritiro spirituale, pregando Maria Santissima nel profondo del loro cuore e restando a stretto contatto solo con la natura circostante.
Dopo la descrizione della sagra di S. Michele, come festa più importante del Santuario, in realtà, successivamente, ma non sappiamo quando, si affermò come festa principale il giorno dell’Ascensione: sarebbe interessante, anche sotto il profilo storico, trovare il nesso tra questa festa e i Templi dedicati a Maria SS.ma sui monti, poiché questo giorno è celebrato come Sagra in molti Santuari Mariani. Anche le feste di Pentecoste e della Visitazione (il 2 luglio) erano motivo di notevole richiamo al Santuario. Allora si usava andare a piedi partendo anche da paesi lontani (come Albareto in Val di Grota, Suvero nel Genovesato, Cervara e Zeri) fin dalla sera innanzi.
Ancora qualche vecchietto ricorda il passare dei pellegrini che, la sera innanzi la Festa, transitavano alla Crocetta cantando e recitando il Rosario. Si usava allora sostare per un po' di riposo notturno sotto il porticato che circonda tutta la Chiesetta, per essere pronti al mattino per prendere la “perdonanza” e fare le “devozioni”, che erano poi la confessione, la comunione e la messa col Rosario. I prati circostanti erano sede opportuna e suggestiva per la colazione prima del ritorno.
Le Confraternite di Mulazzo, Pozzo, Busatica, Castagnetoli, Montereggio e Parana avevano, poi, dei giorni fissati per il pellegrinaggio sociale, che facevano in divisa e con gli “apparati” cioè le insegne, i “Cristi” e i lampioni: una vera processione di preghiera che impegnava anche ore per arrivare sul monte. Mulazzo aveva come data, la prima domenica di maggio, cambiata, poi, nella prima di luglio e ancora nella prima di giugno. Alla prima di maggio saliva la Confraternita di Pozzo, ma, poi, si preferì il 29 giugno, festa di S. Pietro. Dopo il 1884, quando il colera infierì per l’ultima volta in Lunigiana, Pozzo usò pellegrinare anche il 21 settembre, giorno di S. Matteo, in riconoscenza dello scampato pericolo.
E così fecero gli altri paesi. Il giorno successivo alla Pasqua, il lunedì dell’Angelo e la festa di S. Michele, il 29 settembre, erano i giorni di Montereggio e Parana. Lo stesso lunedì dell’Angelo, il 2 luglio e il 30 agosto (festa di S. Rosa da Lima) erano i giorni riservati a Busatica e Castagnetoli. Per questi pellegrinaggi i confratelli usavano portare quattro torce di cera, da accendersi durante la Messa cantata e la “Scoperta” davanti alla Madonna. Questi pellegrinaggi hanno resistito fino all’ultimo dopoguerra; oggi sono del tutto scomparsi, a motivo, dell’apertura della strada carrozzabile e dell’avvento della motorizzazione. La gente non ama più andare a piedi. In compenso è notevolmente salito il numero di dei fedeli che affluiscono al Santuario, che se proprio non “pellegrinaggio” più come un tempo, però sono mossi sempre, o quasi, dalla fede e dalla devozione.
Le feste principali
L’Ascensione, il Lunedì dell’Angelo, la Festa degli Emigrati nella tersa domenica di agosto.
Un discreto afflusso si nota anche nelle feste della Madonna: il 2 luglio, il 15 agosto e l’8 settembre. Pressochè inosservate le antiche feste di S. Michele, S. Matteo e S. Pietro.
Ancora ben partecipate da numerosi fedeli e devoti, sono i pellegrinaggi Mariani, che si svolgono dal 13 maggio al 13 settembre, facendo memoria delle apparizioni della Madonna a Fatima ai tre pastorelli, in quel di Iria in Portogallo, nel 1917; l’ultima sesta tappa del 13 ottobre si tiene invece alla Chiesa Parrocchiale di Groppoli.
Durante questi pellegrinaggi, ci si ritrova al parcheggio, si sale al Santuario processionalmente recitando il S. Rosario meditato e si conclude con la Concelebrazione Eucaristica all’interno della Chiesa: animano queste tappe, i vari Vicariati Pastorali dell’Alta Lunigiana.
Il fabbricato di proprietà della Parrocchia Santuario Madonna del Monte adibito a casa canonica – rifugio del pellegrino, risale anch’esso assieme al Santuario al secolo XIV, attorno al 1350 circa, ed è costituito da un unico appartamento di abitazione, identificato in catasto al foglio n° 9 particella n° 286 sub. 4 Cat. A/4 Cl. 5 vani 16, che nel corso dei secoli è stato occupato prima da monaci, poi da suore, successivamente da un eremita ed ora a disposizione per pellegrini.
Tale manufatto nel corso dei secoli ha sempre mantenuto la destinazione d’uso attuale ad uso residenziale e oggi risulta essere formato da: al piano seminterrato da cantine, locale caldaia, una vasca per la raccolta delle acque piovane e infine due servizi igienici utilizzabili da persone che si recano al Santuario; al piano terra invece è situata la parte abitabile del manufatto, composta da cucina, due sale, due camere, studio, disimpegno e bagno; infine al piano primo, accessibile tramite una scala interna di collegamento con il piano terra, è formata da sala, quattro camere, disimpegno e due servizi igienici.
I lavori vennero eseguiti in economia con volontari delle frazioni limitrofe del Comune di Mulazzo, che avevano e hanno tutt’oggi un forte riguardo verso quel monte da dove domina il Santuario della Vergine Maria.
Nel corso degli anni è stato oggetto di lavori di straordinaria manutenzione come ad esempio il rifacimento del tetto in c.a. e la sostituzione del manto di copertura da lastre di pietra “piagne”, prima a tegole del tipo “Cementegola” che però a causa delle frequenti intemperie nel periodo invernale queste furono tutte portate via dal vento e successivamente con tegole del tipo “canadesi” che si è verificato essere l’unico manto di copertura idoneo a quel luogo.
La struttura portante dell’edificio è in muratura di pietra, solai in putrelle di ferro e tavelloni di laterizio con sovrastante caldana in cls., solaio di copertura a capanna in latero-cemento con le gronde in c.a., travi e cordoli in c.a. e manto di copertura in tegole del tipo “Canadesi”; la lattoneria è formata da canale, scossaline e pluviali in rame.
Inoltre nel corso degli anni furono sostituiti gli accessori bagno in ceramica bianca, i nuovi pavimenti interni con nuove piastrelle, alcune porzioni d’intonaco e la sostituzione degli infissi esterni con nuovi sempre in legno, completi di scuri esterni.
Attorno al fabbricato è stato realizzato un marciapiede in cls., mentre l’area attorno di pertinenza e comune con il Santuario in parte è pavimentato con lastre di pietra e in parte è a verde.
Conclusioni
A conclusione di queste descrizioni storiche dell’intero complesso immobiliare denominato “Santuario della Madonna del Monte”, si può affermare certamente che questo luogo sacro, molto caro ai Mulazzesi, ai Lunigianesi e all’intera Provincia di Massa Carrara, e non solo, è certamente ricco di storia e tradizioni, che purtroppo alcune con il passare degli anni sono andate perdute, ma che altre certamente rimangono e saranno portate avanti anche dalle nuove generazioni.
De resto, proprio questo luogo, è stato dichiarato “Parco Storico Ambientale della Madonna del Monte” anche dal nuovo regolamento urbanistico comunale approvato dalla Regione Toscana ed infine il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ne ha decretato l’interesse storico artistico e quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel Decreto Legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, all’art. 10 comma 1.